A tutti noi è capitato di entrare in un negozio e chiedere consigli
o suggerimenti al commesso, di telefonare al centro Urp di un servizio
sanitario, di parlare con un’operatore telefonico di un call center, di essere
serviti e assistiti da hostess e steward in aereo o da camerieri al ristorante.
Spesso se non sempre, il personale si dimostra cortese e sorridente, anche di
fronte ai nostri capricci o modi di fare non eleganti, perché la soddisfazione
del cliente è fonte di guadagno. Con il consolidamento di un’economia basata
sempre di più sulla produzione di servizi e quindi sulle relazioni
interpersonali, diventa sempre più importante la capacità di saper gestire le
emozioni.
“E’ sempre tutto oro quello che luccica? Non sempre”, vediamo
perchè.
Un operatore di un servizio sanitario deve mostrare agli utenti
stati emotivi desiderati dalla organizzazione come ad esempio neutralità, un
sorriso rassicurante, stati emotivi positivi che, non sempre rispecchiano gli
stati emotivi realmente vissuti in quel momento, come ad esempio uno stato di
rabbia o collera di fronte ad un utente maleducato.
Questa modulazione della manifestazione emotiva emotional
labour (Gosserand e Dieferndorff 2005) dipende da regole che possono essere
fissate anche dalla organizzazione ma che ha come esito l’esposizione del
lavoratore a situazioni di dissonanza emotiva tra stati affettivi mostrati agli
utenti e quelli realmente vissuti in quel momento. La gestione delle emozioni è
quindi fondamentale, soprattutto nella capacità di gestire la rabbia e la
fatica assumendo comportamenti gentili e cordiali quando si desidererebbe fare
il contrario. Quando si è costretti da regole organizzative a interpretare un
ruolo “display rules”, mettiamo in campo due modalità di regolazione
delle emozioni (Zapff et. al. 1999).
Nella prima, chiamata “surface acting”, il lavoratore, si
limita a dissimulare superficialmente l’emozione manifestata interiormente,
nella seconda, chiamata “deep acting”, il lavoratore cerca di modificare
l’emozione che sta provando al fine di mostrare quella che deve essere
manifestata esteriormente.
Secondo (Zapf e Holz, 2006) il tipo di lavoro emotivo più
frequentemente effettuato dai lavoratori nel settore dei servizi, è il surface
acting, quindi una vera e propria dissimulazione delle emozioni che espone il
lavoratore a situazioni di dissonanza emotiva. Esposizioni prolungate senza il
supporto di uno specialista, possono avere importanti ripercussioni sulla
salute psicofisica.
E’ sempre tutto oro quello che luccica?
Olga Solmi e Michele Piattella: Psicologi del lavoro